Sera in paradiso, Lucia Berlin, Bollati Boringhieri 2018
Fonderie. Fumi viola, tossici e nauseabondi, ma bellissimi come spettacoli pirotecnici agli occhi di una bambina. Vetri rotti colorati dalla luce, tanti colori diversi che trasformano cortili abbandonati in caleidoscopi di meraviglie stupefacenti.
Quartieri poveri, di case modeste, abitati da messicani e siriani, bianchi e neri, tutti ben divisi ma allo stesso tempo mescolati, diffidenti e uniti nella condivisione di uno spazio sospeso che attende la fine della guerra. Un Texas mai letto, mai visto, raccontato nei ricordi di infanzia di Lucia Berlin, insieme a storie di una famiglia litigiosa che aspetta un padre di stanza a Okinawa, che aspetta di sapere se e come tornerà dal fronte del Pacifico. Ognuno lo aspetta a suo modo: il nonno beve troppo, la nonna legge la Bibbia, la madre fuma, la bambina scappa sui pattini a rotelle.
Miniere del Cile, la tappa sfarzosa di Lucia, al seguito del padre ingegnere minerario, dopo la parentesi di El Paso. Lucia narra un microcosmo fermo e privilegiato di ricchi stranieri e notabili del luogo, incalzato dalle nazionalizzazioni e dal movimento socialista, tra treni di lusso e profumi di fiori, profumi che si lasciano immaginare quasi eccessivi, vagamente marcescenti, il putridume da cui nasce la vita e che contrasta con il profumo costoso delle ville signorili di possidenti stupratori, tate affettuose e madri depresse.
Il College in New Mexico, affrontato con i tacchi alti e la valigia firmata, nel primo volo aereo della sua vita, in numerosi scali dove ad attenderla ci sono persone diverse, ognuna con il suo mondo, ognuna legata in qualche modo, ambiguo o meno, al padre ingegnere. Lucia si lascia trasportare apparentemente, non oppone resistenza, tiene a freno la sua curiosità, registra ogni informazione e riparte da ogni destinazione con qualche interrogativo in più e qualche certezza in meno.
Residenza di artisti, Albuquerque. Giovani coppie di incerto futuro, una donna bambina che fa un bambino e un marito anaffettivo che se ne va, per non tornare più, lasciandola sola e di nuovo incinta, a crescere bambini concepiti per non partire per la Corea.
Tetto di casa, Texas. Un Natale comico passato sul tetto da una madre di famiglia sbronza e commossa, che rinuncia a tenere le fila e beve “Jack”, mentre suo marito vola con un aereo biposto scaricando giocattoli sulla baraccopoli di Juárez ma uccide per sbaglio un pastore, colpito da un barattolo di prosciutto in caduta dall’aereo.
E poi. Un hotel messicano, pieno di turisti e dive del cinema, visto dagli occhi del vecchio barista Hernan, che osserva pacato giovani gigolò truffatori, attrici tristi, alcolizzati, donne attempate: un circo di solitudini e squallore nella cornice del Paradiso.
C’è molto altro ancora in Sera in paradiso, in questi ventidue racconti che sono perfetti ritratti di momenti e vite tutte vissute dalla Berlin nella sua esistenza straordinaria e dura, di alcol, di intensità, di figli cresciuti da sola e di indipendenza.
Tutto si snoda in una scrittura talmente sobria e colloquiale, con dialoghi diretti, a tratti dura, che non si riesce a cogliere, all’inizio, la maestria. E invece il talento emerge e colpisce con forza, nella sua linearità, come un colpo solo diritto in fronte: non te ne accorgi, non lo vedi arrivare. Una scrittura che sembra voler trattenere le emozioni, mai tragica, mai coinvolta, quasi distaccata eppure, proprio per questo, profondamente e sinceramente empatica, con la patina di ironia di chi sa di cosa parla per averlo vissuto sulla propria pelle, averlo visto con i propri occhi.
Proprio lo sguardo apparentemente distaccato permette alla Berlin di raccontare un continente intero (quello americano) e tutta la gamma di emozioni, situazioni, umanità possibili, che lei stessa evidentemente ha incontrato, senza alcuna traccia di retorica né di giudizio: il temibile “punto di vista del narratore” è assente, non trapela mai, perché la donna che scrive racconti è parte integrante del mondo che racconta. Solo chi ha un’arte sconfinata e un talento straordinario può riuscire in questa impresa. Resta il dispiacere per la fama per lo più postuma di questa scrittrice, che fu apprezzata da Saul Bellow e che avrebbe meritato molto di più di una riscoperta editoriale tardiva.
Foto via El Diario Vasco