La disputa sul Raki, Fabio M. Rocchi, Besa Muci, 2021
Nel 2011, con una certa curiosità, andai a vedere il film La faida, in originale The Forgiveness of Blood, di Joshua Martson, che racconta le vicende legate a una vendetta familiare in un paesino del nord dell’Albania, vendetta regolata secondo il Kanun, codice arcaico usato per risolvere i conflitti di sangue, che garantisce alla famiglia della vittima il diritto di vendicarsi su un membro maschio della famiglia dell’omicida. La pellicola segue il calvario della vendetta familiare con uno spietato realismo, non per una messa in scena della violenza ma per la violenza con cui si evince come determinate usanze possano essere radicate nella vita delle persone. Proprio questa violenza sembra proseguire tra le pagine de La disputa sul Raki (il titolo integrale è La disputa sul Raki e altre storie di vendetta), di Fabio M. Rocchi, pubblicato da Besa Muci, un libro che, proprio come il film di Martson, è una finestra su tradizioni, paesaggi, vezzi, umori, di un’altra realtà. E affacciarsi da queste finestre per me è un po’ come andare in gita scolastica, da cui torni sempre con qualcosa in più.
Rocchi, fiorentino d’origine ma stabile da diversi anni in Albania dove al momento insegna Letteratura italiana all’Università di Tirana, con La disputa sul Raki restituisce una panoramica, provando a fornire uno sguardo meno personale possibile, di un Paese diviso tra un passato in cui ancora si sentono gli echi del regime comunista, e un presente che anela la modernità. Attraverso dieci racconti, Rocchi, strutturando non solo la posizione delle singole storie, ma modificandone anche il registro narrativo, fa parlare umanità diverse, una ancorata a codici, consuetudini e sentimenti antichi, e un’altra che cerca di divincolarsi dall’ingombro di tanto folclore. Ogni racconto è in bilico e in una sorta di coesistenza forzata tra queste due realtà. La corda sulla quale si muove la narrazione è la vendetta, qualche volta sanguinosa, altre beffarda, ma che sembra quasi sempre inevitabile, come se i personaggi fossero spinti in maniera primordiale verso una smania rabbiosa di rivalsa.
Esempi di storie legate a un tipo di società più arcaico sono quella di Dambush che tornato in Albania dopo molti anni per prendersi cura della madre non resiste dal commettere un bieco delitto per una poco chiara e lontana questione irrisolta; quella di Aferdita, giovane moglie che si trova vittima di prassi e soprusi di una tradizione patriarcale non così differente da quella presente anche al di qua della costa. Dall’altra parte, a testimoniare una disperata voglia di un nuovo tipo di società c’è Enri, che va a ricercarla in Germania, o Adana Kodra che ne vuole fare parte attraverso l’economia digitale. Se nel narrare l’Albania più contemporanea il realismo di Rocchi va di pari passo con l’umore delle storie, nel fiancheggiare la narrazione più legata al passato arriva leggermente con fatica a raggiungere i pensieri e le azioni dei personaggi.
La disputa sul Raki e altre storie di vendetta è una possibilità per scoprire una parte di mondo che dista solo un pezzo di mare da noi, ma anche per riflettere sulle analogie con la nostra società, sulle nostre contraddizioni e su certe visioni sempre più etnocentriche.
La raccolta di racconti di Rocchi è sicuramente una gita scolastica dalla quale si torna con qualcosa in più, ma anche con la sensazione di non saperne ancora abbastanza, come se nella pluralità di voci da ascoltare, ne mancasse qualcuna, forse in ritardo all’appello prima di tornare a casa, persa per le strade di un Paese che ha ancora tanto da raccontare.
[Immagine di copertina: Vangjush Mio, Rrugice ne Korce, 1949]