Mio Padre Era Un Uomo Sulla Terra e In Acqua Una Balena, Michelle Steinbeck, Tunué, 2019
di Caterina Orsenigo
Leggendo l’ultimo libro pubblicato da Tunué mi è venuto in mente Gaston.
Ho incontrato Gaston qualche mese fa a Puerto Madryn, una cittadina marittima, affacciata sull’Atlantico, all’inizio della Patagonia. Gaston aveva vent’anni e veniva dal Nord dell’Argentina. Viaggiava da due mesi in autostop e fino a quel momento non aveva mai visto il mare. Aveva strani tatuaggi sulle nocche ed era alla ricerca di suo padre, che l’aveva abbandonato prima che imparasse a parlare. L’unica informazione che aveva su di lui era che quattro anni fa lavorava per i rifornimenti alle navi che attraccavano al porto della città. Bisognava scoprire se era ancora lì. Abbiamo passato insieme diverse ore tra capitanerie e prefetture di porto nel vano tentativo di trovare lui o qualsiasi informazione utile, ma eravamo assorbiti quasi più dall’avventura e dai nostri discorsi su tesori maledetti e numeri magici che dalla ricerca stessa, e infatti quel giorno non ne abbiamo cavato nulla. Non so se in seguito l’abbia mai trovato.
L’ultimo libro della collana Romanzi di Tunué si intitola Mio padre era un uomo sulla terra e in acqua una balena ed è una favola. Una vecchia indovina, che fa pensare a Nonna Morte di Donnie Darko o alla strega di Big Fish, fa le carte a Loribeth: le dice che la fortuna a lei destinata è tenuta lontana da paure ed esitazioni che non le appartengono e che deve restituire al legittimo proprietario, il padre. Solo così sarà libera. E Loribeth parte allora per un viaggio alla ricerca di quel padre che l’ha abbandonata tanto tempo prima. Porta con sé una valigia pensante in cui esitazioni e paure prendono la forma del fratellino che lei stessa ha ucciso poco prima e però è ancora vivo.
Viaggia per città rosse, case nel mare e navi fatte di lattine; incontra un uomo chiaro, un vecchio amputato e la propria madre che prepara brodo di pollo e non ha niente da darle. Trova una casa e una famiglia da costruire. E quando finalmente è pronta, ecco apparire in lontananza l’Isola dei padri scomparsi.
L’autrice svizzera Michelle Steinbeck, classe 1990, racconta attraverso immagini di sogno, tra Tim Burton, Magritte e Yellow Submarine. Realtà e mondo onirico si mescolano e sovrappongono e trattandosi di una fiaba non è mai richiesto di scindere fra le due.
Qui, dove i ruoli si spezzano perché i padri non li sanno portare addosso, dove c’è da farsi individui con le proprie forze e scrollarsi di dosso zavorre di passati, forse la Terra è la realtà e nella realtà il padre è un uomo in carne e ossa. Il padre forse più deludente, quello che Loribeth incontrerà sull’Isola dei padri scappati, da guardare negli occhi, riconciliare e lasciare. E poi c’è l’Acqua, e l’acqua è sempre l’anima, quindi lì c’è spazio per l’onirico e il simbolico. Lì il padre diventa una balena nel cui enorme e buio ventre addentrarsi come Pinocchio e Giona. E solo dopo essere passata da lì si può uscire dalla favola ed essere liberi.
Mi immagino Gaston venir fuori vittorioso dalla pancia di un padre-balena, dopo aver viaggiato a lungo immerso nella sua favola personale, aver conosciuto da vicino il mare, essercisi bagnato, e anche lui, infine uscirne e diventare vero:
“Cammino a grandi passi verso la macchina, do un calcio a una lattina di birra, apro la portiera del guidatore, salgo. (…) Poi giro la chiave nel blocchetto di accensione e rifaccio a marcia indietro il vialetto di ghiaia scricchiolante. Sulla litoranea accendo la radio. Il mare luccica ai miei piedi. Il sole mi splende dritto in faccia”.