Da alcuni anni anche in Italia stanno prendendo piede i podcast e, tra quelli dedicati alla cultura e alla letteratura, è doveroso segnalare una piccola perla: si tratta di Mis(S)conosciute – Scrittrici tra parentesi, un progetto totalmente autoprodotto che vuole raccontare la vita e le opere di alcune autrici degli ultimi sessant’anni delle quali il grande pubblico sa ancora troppo poco. A crearlo sono state un anno fa Giulia Morelli, Maria Lucia Schito e Silvia Scognamiglio, tre amiche che si sono conosciute in Rai, sul posto di lavoro, e che, dopo aver seguito un workshop della scuola Lelio Basso dedicata proprio alla produzione dei podcast, hanno deciso di crearne uno. Dopo una prima puntata sull’autrice e attivista egiziana Ahdaf Soueif, ne sono seguite altre tre (che potete ascoltare qui), dedicate rispettivamente alla drammaturga inglese Sarah Kane, all’austriaca Ingeborg Bachmann, e infine a Fabrizia Ramondino, intellettuale italiana morta nel 2008. Con il tempo al podcast si sono aggiunti anche un blog e una pagina Instagram, sui quali è possibile trovare approfondimenti anche su autrici che (ancora) non sono state trattate nelle puntate.
Come scegliete le scrittrici delle quali occuparvi?
Maria Lucia Schito – In realtà ci siamo rese conto che, alla fine, quasi tutte le scrittrici donne sono misconosciute, anche quelle che noi riteniamo più famose. Ultimamente sui nostri social abbiamo parlato spesso di Goliarda Sapienza, una figura che davamo abbastanza per scontata, e che invece non lo è e della quale riparleremo prima o poi.
Silvia Scognamiglio – Alla fine tutte le autrici che abbiamo scelto fino a ora (a parte Ahdaf Soueif, che ancora non è molto tradotta) sono state pubblicate da Einaudi e Adelphi, quindi non sono scrittrici minori. Però se parli con qualcuno di Italo Calvino e Fabrizia Ramondino, non avrai la stessa reazione. Quindi la nostra scelta si basa anche su questo: noi le conosciamo, ma gli altri? Senza contare che alcune le stiamo scoprendo anche noi. Ad esempio Giulia ha proposto una puntata su Elizabeth Smart che io non conoscevo.
Giulia Morelli – Per adesso non ci siamo troppo avventurate nel contemporaneo, ma anche quello è un filone che vorremmo approfondire. Cerchiamo di tenere aperti vari fronti e talvolta (come nel caso di Ahdaf Soueif) di alcune autrici che ci interessano non sono disponibili le traduzioni in italiano.
Perché alle scrittrici viene dedicato così poco spazio? Che spiegazione vi siete date?
MLS – Purtroppo, anche se le donne sono state parte attiva della vita culturale degli ultimi 150 anni, non sono mai state considerate dal mondo accademico perché questo era composto fondamentalmente da uomini.
SS – E anche per via di alcune etichette, quella ad esempio che “le donne scrivono romanzi femminili”…
MLS – … esatto, una scrittura per donne.
SS – Magari un uomo mediamente acculturato legge Philip Roth e qualche altro genio contemporaneo, ma non legge autrici femminili. Secondo me (ed è un punto di vista personale) dipende anche da come viene presentata al pubblico una determinata categoria letteraria: si parla di letteratura femminile e quindi già ci si rivolge a una sfera di pubblico che non comprende gli uomini.
GM – Secondo me è anche una questione di staffetta. Oggi c’è la consapevolezza che esistono donne che scrivono, e che scrivono con pari dignità e anzi, spesso con più freschezza, perché c’è tutto un mondo che non è mai stato raccontato. Io penso che Amelia Rosselli sia stata la più grande poetessa italiana del Novecento, superiore anche ai suoi colleghi uomini, però a scuola si studia Montale (senza nulla togliere a Montale, ovviamente). Si tratta di una questione culturale: il canone fino ad oggi è stato formulato da una prevalenza di uomini. Prendiamo anche il concorso per gli insegnanti: su settanta autori, l’unica donna presente è Elsa Morante, che però non è stata l’unica scrittrice importante del Novecento. Mi pare una forzatura, anche inconsapevole, ed è quello che è brutto. Talvolta il canone è talmente introiettato che le donne diventano un po’ un corollarietto.
Per quanto riguarda lo stile del podcast, voi non vi soffermate soltanto sulle opere delle scrittrici in questione, ma raccontate anche la loro vita, cercando di contestualizzarla in un periodo storico e socio-culturale nel quale queste risultano essere più o meno integrate. Perché questa scelta narrativa?
SS – Diciamo che all’inizio il progetto era molto ambizioso perché volevamo scrivere ogni puntata ricalcando lo stile dell’autrice in questione. Ovviamente, leggendo molto di quello che hanno scritto ci è sembrato importante parlare non solo delle opere ma anche di loro in quanto donne, in quanto autrici, con tutto il loro background culturale, storico e anche geografico. Ci sembrava che questa formula funzionasse di più e, anziché fare l’ennesimo podcast stile Wikipedia o incentrato su un’opera (come ce ne sono già tanti), abbiamo cercato di dargli un taglio narrativo che fosse più immersivo. Ad esempio, se prendiamo la puntata su Sarah Kane scritta da Giulia, vediamo che è molto teatrale, molto sceneggiata drammaturgicamente, perché cerca appunto di ricalcare le opere che cerchiamo di raccontare.
GM – L’esigenza di raccontare il contesto era inoltre fondamentale per far capire come la scrittura di queste autrici fosse profondamente radicata in un contesto. Ad esempio, sempre nella puntata su Sarah Kane, si parla dei rapporti con Edward Bond e Harold Pinter, e si capisce che i suoi lavori si inseriscono in una certa tradizione rivoluzionandola e cambiandola, ma il fatto che sia una scrittura di una donna conta poco: quello che conta è il valore dell’opera d’arte in sé. Inoltre in epoche più lontane da noi (ma neanche più di tanto) per una donna quella di dedicarsi alla scrittura non era proprio una scelta pacifica. Certo, non lo era neanche per gli uomini, ma per le donne era un tipo di scelta non solo artistica ma anche esistenziale abbastanza radicale. E forse non è un caso che molte delle autrici che abbiamo raccontato fino ad ora non abbiano avuto una vita proprio lineare e serena.
Le prossime puntate su cosa saranno?
SS – Mentre scrivevamo la puntata sulla Ramondino, abbiamo lavorato in parallelo anche su altre due. Una è in collaborazione con una galleria d’arte che si chiama Matèria e che durante la pandemia ha lanciato un progetto chiamato “Pillow Talk”, con il quale ospitavano podcast sull’arte contemporanea. Noi abbiamo partecipato dedicando una puntata alla scrittura dei semi alfabetizzati. Ci siamo soffermate su Clelia Marchi, che ha scritto la sua vita su un lenzuolo, e su Pietro Ghizzardi, un artista super eclettico, che tra le altre cose era anche lo zio di Giulia.
GM – La prossima puntata di Mis(S)conosciute sarà invece dedicata a Elizabeth Smart, una scrittrice canadese che è davvero misconosciuta. Ha avuto una vicenda esistenziale molto sui generis e in Italia sono state tradotte solo due sue opere in prosa, Sulle fiumane della Grand Central Station mi sono seduta e ho pianto e L’assunzione di farabutti e mascalzoni, ma ha scritto anche raccolte poetiche e un diario pubblicato postumo. Abbiamo provato a raccontarla perché ci è sembrata un personaggio di valore, e poi è molto aderente alla nostra missione perché è veramente poco nota ma molto valida.