Se Yasmina Reza fosse un frutto sarebbe un limone, ma un limone a cui è stata eliminata preventivamente tutta la parte dolce. Senza zuccheri in lei si deve essere formata una qualche muffa micidiale che sparge le sue spore ovunque. Reza è corrosiva e in decomposizione. Se la diluisci in un liquido puoi usarla per stasare le tubature. Agisce anche attraverso le acque stagnanti. Se sei un mafioso ci puoi sciogliere dentro i cadaveri. Io ammiro il suo corpo che è in grado di contenere un sangue talmente caustico che se una goccia fuoriuscisse dalle sue vene perforerebbe il pianeta terra.
Mi domando cosa si possa chiedere di più a un libro che di perforarti da un lato all’altro con un graduale processo di disgregazione del tuo corpo. Il suo cinismo è così radicalmente rivolto contro la borghesia che Yasmina potrebbe essere fraintesa come una paladina della classe media e invece è più vicina a Kafka. Un tempo, quando i totalitarismi avevano preso il sopravvento in occidente, ci si domandava come mai Kafka fosse lo scrittore per eccellenza da bruciare. Cosa nei suoi romanzi e nei suoi racconti spaventava così tanto il potere autoritario da spingerlo a usare i volumi di Franz come diavolina? Io so che la stessa cosa dovrebbe domandarsi la classe media con Yasmina Reza.
Ben pensanti, industriali, arricchiti, sinistrorsi, dottori, letterati, professori, politici e borghesi di ogni tipo dovrebbero indignarsi davanti alle sue parole e accendere falò, perché la sua letteratura è uno bisturi che incide le ferite invisibili del terzo stato e da lì fa suppurare il marcio fino alla crudeltà senza sconti come uno scienziato pazzo ai tempi della sacra inquisizione.
Ogni suo personaggio è sfinito dalla pochezza delle proprie relazioni, ma incredibilmente pure dalla propria inutilità. Non c’è un eroe né tanto meno un antieroe, ma solo la delusione di una vita inutile e per questo litigiosa. Data la mole accumulata di delusioni, ci si potrebbe aspettare che la sua sia una prosa faticosa, ma la cosa che sempre mi farà amare Reza è che lei invece ride. Tutte le sue pagine sono folli e sregolate perché lei ride di noi e la sua voce ci scioglie come gusci d’uovo in una piscina muriatica.
Se per una volta vi soffermerete a osservare l’effetto che fa, scoprirete che leggerla renderà inutile il vostro scudo medievale con cui vi proteggete tutte le volte che non siete obnubilati dal terrore di vivere, tuttavia tremo all’idea di empatizzare col suo punto di vista. Vorrei essere lei, ma non oso immaginare quali sofferenze, quali sogni infranti, quali amori perduti possano averla portata a una risata senza ritorno. So che è assurdo, ma io prego affinché Yasmina Reza non cambi mai.