Malacarne di Giuseppe Caretta è il quinto racconto della Call Estiva di IMON. Illustrazione di Sergio Kalisiak
#callracconti
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Confessioni di un pedé, di Stefano Serri, è il terzo racconto della Call Estiva di IMON. Illustrazione di Salvatore Giovanni Scognamiglio, XGC
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di Mattia Checchini
“Io e mia madre non eravamo persone originali. Le nostre paure erano abbastanza patetiche: io avevo paura del buio, lei di vedermi morire.
Diceva che era colpa della zia Adele. Non l’avevo conosciuta la zia Adele, morì quando era bambina. Tossiva e sputava sangue, finché un giorno ne sputò troppo e rimase con la testa a ciondoloni nel gabinetto”. -
di Luca Lancioni
“Dovevo fare una puntura di antibiotici a una signora che si chiamava Giovanna. Quando entrai in cucina era seduta alla finestra e guardava con sguardo spento il cortile. La salutai. Non si voltò (…)
«Mi scusi. Pensavo che fosse arrivato mio marito…»”. -
Nitti l’ha morso. Non lo credeva capace di un gesto tanto vivo. Nitti l’ha morso e non si è staccato per una ventina di secondi. Lui ha urlato, e mentre nella gola il suo dolore prendeva forma in maniera scomposta e istintiva, non ha pensato a nulla: non a toglierselo di dosso; non a mantenere la calma; non a chiamare qualcuno che gli desse una mano. È rimasto a fissare Nitti e i suoi denti di vecchio bavoso e arteriosclerotico, e intanto urlava. Fatto strano, inoltre, è che nessuno l’ha sentito.
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Dopo pranzo soprattutto: forse la digestione, con la glicemia che si alza; forse un bicchiere in più di vino a tavola o una pastiglia presa tardi; forse il caffè o, forse, solamente l’ora, che sembra quella giusta.
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Due call per il 2021: call di racconti (scadenza entro e non oltre le ore 23.59 del 31 gennaio) e call di illustratori (scadenza entro e non oltre le ore 23.59 del 31 gennaio). Vi aspettiamo!
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“Ormai è un mese che mamma è ricoverata alla RSA. Lui non ce la voleva portare, voleva che tornasse a casa, ma faceva fatica a respirare, soffocava nel sonno. Si era alzato ed era entrato in camera di lei. Non appena lo aveva visto aveva cominciato a balbettare del supermercato: cosa ci fa il mio letto nel supermercato, diceva spaventata”.
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di Deborah Foss
“Attaccare una corda al lampadario e impiccarsi. Non sono riuscito a portarli tutti qui, i miei libri. Molti sono rimasti a casa di mio padre, ma li so quasi a memoria. Quando cito qualche passo tutti mi guardano e strizzano gli occhi. Non colgono, non ricordano. Ignoranti. (…) Aprire l’armadietto dei medicinali e ingoiarli tutti”. -
Il nonno diceva sempre che per quanto un uomo ritenga d’aver condotto un’esistenza felice, questa non sarà altro, in fondo, che una mera collezione di miserie. Persona saggia, il nonno. Diabete. Crohn. Giallognolo. E poi cenere. Per lui avevo preso una febbre da 42 gradi. Visioni. Avrebbe voluto avere una vigna, sempre. Non ha fatto in tempo a vederla. Nemmeno in foto. Fortunatamente.
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Per lavoro accoglievo persone non vedenti all’aeroporto Kennedy e le accompagnavo a un istituto caritatevole nei pressi di Troy, New York. Era una specie di scuola dove a ogni non vedente veniva affiancato un cane guida per imparare a lavorare insieme.
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Passò le dita sul tessuto della bandiera a rombi e strisce che indossava come un saio, gustando il brivido libidinoso che gli percorreva la colonna vertebrale. Quella era la sua vera pelle. Puntò lo sguardo gelido sulla piazza straripante, dove alto e basso, liscio e ruvido, fulgore e ombra si mischiavano: «Atanor maledetto!», sibilò fra i denti, indignato dal bollire sottostante di una soluzione emulsionata di stature, manti e colori ab antiquo differenti, che differenti dovevano tornare.