Aldo aveva settant’anni ma ne dimostrava cinquanta, grazie all’egoismo imperturbabile che aveva esercitato per tutta la vita, senza mai cedere al minimo dubbio. E grazie anche alla brillantina Linetti con cui impomatava i capelli, ancora tutti neri, ogni giorno al mattino: barba, dopobarba Prep, acqua di Colonia, brillantina.
#racconto
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“Seduti su una panchina di un locale in un parco vicini allo stadio con un cestino di plastica avvolto in carta da forno e ripieno di fritto misto, indifferenti al film di Hitchcock che viene proiettato ad una quindicina di metri di distanza e osservato da un pubblico sonnacchioso, Lo Bue sta raccontando che:”
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di Deborah Foss
“Attaccare una corda al lampadario e impiccarsi. Non sono riuscito a portarli tutti qui, i miei libri. Molti sono rimasti a casa di mio padre, ma li so quasi a memoria. Quando cito qualche passo tutti mi guardano e strizzano gli occhi. Non colgono, non ricordano. Ignoranti. (…) Aprire l’armadietto dei medicinali e ingoiarli tutti”. -
Arianna voleva solo vedere cosa ci fosse dietro quella porta. Ma non ci riuscì, né all’ospedale né alla sala parrocchiale. Però sua mamma da quel giorno non la vide più, né quando rientrava a casa, né davanti ai film in bianco e nero del lunedì sera.
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Da bambina, parlavo una lingua tutta mia, e le cose, quando le chiamavo, prendevano vita e parlavano solo a me: solo io potevo capirle. Poi ho visto tanti dottori, ho fatto tanti esercizi e, pian piano, le parole degli altri sono diventate se non facili, possibili. Ancora oggi, spesso, non parlo bene. (…) Per questo, adesso, David è il mio taríto, non “marito”. Lui mi corregge, quando dico taríto, ma non capisce: taríto, nella mia lingua, vuol dire molto di più.
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Per lavoro accoglievo persone non vedenti all’aeroporto Kennedy e le accompagnavo a un istituto caritatevole nei pressi di Troy, New York. Era una specie di scuola dove a ogni non vedente veniva affiancato un cane guida per imparare a lavorare insieme.
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Passò le dita sul tessuto della bandiera a rombi e strisce che indossava come un saio, gustando il brivido libidinoso che gli percorreva la colonna vertebrale. Quella era la sua vera pelle. Puntò lo sguardo gelido sulla piazza straripante, dove alto e basso, liscio e ruvido, fulgore e ombra si mischiavano: «Atanor maledetto!», sibilò fra i denti, indignato dal bollire sottostante di una soluzione emulsionata di stature, manti e colori ab antiquo differenti, che differenti dovevano tornare.
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Il paradosso dei detersivi prevede che l’ultimo detersivo immesso sul mercato pulisca e disinfetti più dei normali detersivi, categoria di cui farà però immancabilmente parte all’arrivo di un nuovo prodotto, ancora più pulente e disinfettante.
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Prima di tutto viene la paura. Ogni volta è come se qualcosa di inatteso esplodesse dentro di me, un tuono che fa vibrare tutto: l’aria, i vetri, il cuore. E io sono lì, completamente assorta nelle mie faccende: leggere, cucinare, pensare. In realtà, ormai, la maggior parte delle volte lo aspetto, perché arriva sempre più o meno alla stessa ora, più o meno. E mi spavento. È un rumore che mi terrorizza.
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di Dario Valentini
– Comporre un disco straordinario è un lavoro di precisione, come…costruire un orologio! – , esclamò Boscolo gesticolando. Cenni delle mani che nella sua testa dovevano rappresentare la fine meccanica del songwriting. – Anzi! – esplose – È come pianificare una rapina in banca! Un colpo stupefacente tipo quello di Inside Man o… Inception! – -
di Michele Galardini
Un uomo spregevole, abietto, percorso da quella gioia maligna nel vedere gli altri cadere che solo un narcisismo ben allenato può fornire in quantità così copiosa. Un fiero avversario del progresso, custode ingrigito di un’ideologia che non appartiene al suo tempo i cui occhi inespressivi sono buchi nel cervello dove la luce entra e, incapace di uscirne, subito impazzisce.
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di Caterina Iofrida
A quanto pareva, aveva acconsentito. Laura allungò la mano destra verso il calice, lo sguardo fisso sull’avanzo di risotto che aveva nel piatto, e bevve un lungo sorso di vino, evitando accuratamente lo sguardo delle persone sedute al tavolo assieme a lei. Faceva caldo e, come a ogni tavolo di matrimonio che si rispetti, nessuno sembrava essere autenticamente a proprio agio. Forse per questo aveva commesso, così, subito, all’inizio della cena, un errore tanto stupido.
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