“Io e Bruegel il Vecchio ultimamente ci incontriamo spesso, forse prima o poi capirò perché. È successo ne La parabola dei ciechi di Gert Hofmann. È successo di nuovo ne La quercia di Bruegel di Alessandro Zaccuri, e in entrambi i casi sfogliare le pagine è stato un po’ come camminare in un’opera d’arte”.
#recensionelibro
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Un esordio nel mondo delle lettere con una raccolta di racconti è una specie di cometa di Halley, un evento che crea entusiasmi e speranze, ma Francesca Mattei, con Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, non delude né gli uni né le altre.
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La parabola dei ciechi di Hofmann, anche se scritto più di quattrocento anni dopo dell’omonimo dipinto di Bruegel il Vecchio, ne è la genealogia narrata, la rappresentazione scritta di come sei ciechi sono diventati arte.
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“È difficile raccontare l’Iran senza indulgere nell’occidentalismo della “sorpresa”, della “scoperta”, delle “piacevoli rilevazioni” “al di là degli stereotipi”. “Non volevo smontare stereotipi”, risponde Mahsa Mohebali, autrice di Teheran girl. “Eppure non c’è riga del tuo romanzo che non stupisca”, commenta la giornalista”.
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“Se Yasmina Reza fosse un frutto sarebbe un limone, ma un limone a cui è stata eliminata preventivamente tutta la parte dolce. Senza zuccheri in lei si deve essere formata una qualche muffa micidiale che sparge le sue spore ovunque. Reza è corrosiva e in decomposizione”.
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I buoni propositi sono fatti per essere disattesi. Ad esempio, per il 2021 mi ero ripromessa di leggere solo libri scritti da donne ma poi mi sono imbattuta in Luce d’estate ed è subito notte dell’islandese Jón Kalman Stefánsson, e posso dire che non leggerlo è Peccato. L’ho finito con la stessa soddisfazione di chi infrange una dieta mangiando una fetta di Foresta Nera in uno sciccoso bar del centro, seduta su un divanetto di velluto rosso e con un cameriere in livrea che ti porta il caffè.
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La Secci scrive e incontra Boe come Carrére scrive e incontra Limonov, ma se lo scrittore francese si immerge nel mondo e nell’esistenza del criminale russo, arrivando a compromettere sé stesso e la sua moralità (definendo così un suo modo di fare letteratura), la Secci sceglie di mantenere una giusta imparzialità, lasciando al lettore l’ultima parola sul criminale sardo, seguendo così un’operazione letteraria e giornalistica che, sotto certi aspetti, è riuscita, ma sotto altri lascia un vuoto, un senso di incompletezza
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“Con il suo romanzo d’esordio, la giovanissima Anja Trevisan (1998) si confronta col tabù sociale della pedofilia e lo svincola, con estrema sensibilità e delicatezza, dalle rappresentazioni dominanti. (…) Con un esordio che è un capolavoro, Trevisan contestualizza la pedofilia in un immaginario del tutto nuovo, eppure, forse, più realistico: perché i mostri non esistono, né gli orchi, i boschi sono bui solo di notte e i lupi non mangiano le bambine”.
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Per il 2020, l’astrologia aveva promesso fiumi di ambrosia, cornucopie piene di gettoni d’oro, la fine del riscaldamento globale e Alfred…
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Sotto ogni albero natalizio ci sono il panettone aziendale glassato al limoncello, i calzettoni della zia, la calzatura ergonomica per quel tendine infiammato che ti fa impazzire e lui: Il Troiaio. E se amici e parenti sanno che ami leggere, c’è una buona probabilità che Il Troiaio si presenti sotto forma di libro. E noi di IMON abbiamo recensito per voi i nostri migliori Troiai.
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“Come molte delle persone che nella vita hanno in qualche modo a che fare con i libri o con la scrittura, faccio sempre più fatica a trovare nella lettura un piacere puro (…) senza che l’analisi finisca col trasferire l’atto su un piano di riflessione tecnica o critica. Kent Haruf per me è stato, fino ad ora, un’eccezione benedetta”.
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Come si è posizionato Giommoni di fronte all’orrore dell’immigrazione contemporanea? Con una favola che non è una favola, esattamente come un mare che non è solo un mare, ma anche una vasta distesa di lacrime.